Una volta che questi individui hanno accettato una potenziale guarigione, si sono allineati con una possibile realtà futura e in questo processo hanno cambiato la mente e il cervello. Credendo in quell’esito, hanno accolto emotivamente l’idea di una salute migliore e di conseguenza il loro corpo, agendo da mente inconscia, ha cominciato a vivere in quella realtà futura già nel presente.
Hanno condizionato il corpo a rispondere a una mente nuova, così hanno cominciato a istruire nuovi geni in altri modi e a esprimere nuove proteine per una salute migliore; dunque sono entrati in un modo d’essere diverso. Arrendendosi a un nuovo possibile scenario, non si sono interrogati su come o quando si sarebbe manifestato; hanno semplicemente creduto in un modo d’essere migliore e hanno mantenuto quel nuovo stato mentale e corporeo per un periodo prolungato. È quel modo d’essere prolungato che ha attivato i geni giusti e li ha programmati per restare accesi.
Sia che abbiano preso pillole di zucchero per settimane o mesi, sia che abbiano ricevuto un’unica iniezione salina o un intervento chirurgico finto, questi individui hanno affermato la loro accettazione, la loro convinzione e la loro resa per tutta la durata della sperimentazione a cui hanno preso parte. La pillola che prendevano tutti i giorni per alleviare il dolore o la depressione era un costante promemoria del condizionamento, dell’aspettativa e dell’assegnazione di un significato alla loro attività intenzionale, che andava costantemente a rafforzare il processo interiore. Se si recavano in ospedale ogni settimana per incontrare il medico e riferire i loro miglioramenti, la scelta d’interagire con un particolare ambiente pieno di dottori, infermieri, attrezzature mediche e sale d’attesa scatenava una serie di reazioni sensoriali e, attraverso la memoria associativa, i soggetti richiamavano alla mente un nuovo futuro possibile. Per via delle esperienze passate, erano condizionati a credere che il posto chiamato “ospedale” fosse il luogo in cui le persone vanno per guarire. Cominciarono ad aspettarsi cambiamenti futuri e per questo infusero una forte intenzionalità a tutto il processo di guarigione. Vista l’importanza di questi fattori, ognuno di essi concorse a rendere i pazienti che assumevano il placebo più suggestionabili agli esiti che sperimentavano.
Tratto dal libro "Placebo Effect" di Joe Dispenza
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